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20 ottobre 2022 - 08:23

Parigi-Art Basel: due eccezionali tele verdi di Fontana accendono la rivalità tra galleristi

di Francesca Pini

Non c’è crisi energetica o guerra che tenga. Il mercato dell’arte è quanto mai lanciato e appetibile, il termometro lo ha dato la prima giornata (vip) della prima edizione di Paris+, realizzata da Art Basel che ha conquistato questa nuova importante piazza dopo la Svizzera , Miami e Hong Kong. Un’edizione che si svolge fino al 23 ottobre, vicino all’ École Militaire, in una struttura temporanea che ha perfino inglobato il monumento al maresciallo Joffre (eretto nel 1939 nella piazza) che dall’alto sorveglia le 156 gallerie scelte dal vetting. Paris+ segue di poco la fiera londinese di Frieze e già si avverte che la sta tallonando: le maggiori e più potenti gallerie del mondo sono qui, Parigi dopo la Brexit ha attirato capitali e un nuovo pubblico appassionato d’arte.

Un dipinto filosofico

Grande è la competizione sul mercato anche a Paris+, fra gallerie che hanno voluto superare ogni aspettativa quanto a qualità delle opere, come nel caso della svizzera Hauser&Wirth e dell’italiana Tornabuoni che si ritrovano, nei rispettivi stand, con una delle opere più ambite e costose di Lucio Fontana, due Fine di Dio, ovali, entrambe verdi anche se di un tono diverso ma simile. La prima (di provenienza italiana, mai mostrata, di un verde brillante) offerta dalla galleria svizzera a 24 milioni di euro, che ritiene la sua opera “più lavorata”, ossia con più buchi. Mentre la galleria Tornabuoni sostiene che la sua (di un verde fluo) sia “meglio conservata”. Quest’ultima opera era stata portata un anno fa sull’isola di Procida, esposta durante l’evento Panorama, nella chiesa sconsacrata di Santa Maria Regina della Purità. Ne esistono solo 38 di queste Fine di Dio, che inizialmente però non si chiamavano così, il primo titolo dato da Fontana (su suggerimento di Gillo Dorfles) fu Concetto ovale, temendo la censura democristiana dell’epoca. Non voleva essere un’opera blasfema, significava piuttosto la fine di una rappresentazione tradizionale della spiritualità, aprendosi invece a quella più laica del cosmo e dell’universale.

Maestro del ritratto

Figura ricorrente di questa fiera, è il pittore statunitense Alex Katz (95 anni), maestro del ritratto specie al femminile, di donne algide dell’upper class americana. I galleristi (come la Gladstone) si allineano così all’omaggio che il Guggenheim Museum di New York gli dedica con una grande retrospettiva (dal 21/10). Nel 2017, la Maison Louis Vuitton commissionò all’artista il ritratto del fondatore sulla base di una fotografia.

Il nudo maschile

In questi stessi giorni, a Parigi, si svolgono altre fiere, tra cui Asia now concentrata sull’arte asiatica e AKAA, sull’arte solo africana. Che anche a Paris+ dimostra di avere una buona tenuta di mercato, con Hilary Balu alla galleria Magnin-A tra le prime a promuovere gli artisti africani in Europa; il camerunense Marc Padeu alla Peres Project, e la galleria Mariane Ibrahim che da anni indaga la scena artistica africana. Allo stand della Continua non può mancare un’opera di Pascale Martin Thayou. Dalla londinese Victoria Miro(con sede anche a Venezia) è il nudo maschile delle figure di Kudzanai-Villet Hwami, nato in Zimbabwe, ad avere un grande impatto.

Al posto della tela, una radiografia

Nella “manica lunga” che accoglie le gallerie delle corsie E/F, emergono proposte interessanti, talune che seguono la partecipazione degli artisti alla Biennale di Venezia di quest’anno, come le opere della polacca Malgorzata Mirga-Tas (presentata dalla Foksal Gallery Foundation di Varsavia), che per questo ciclo di arazzi si è ispirata agli affreschi di Palazzo Schifanoia a Ferrara. Opere che proprio lì verranno riproposte in mostra nei prossimi mesi. Il dipinto che non ti aspetti di trovare tra tanta arte contemporanea, è una tela di Edvard Munch, Two boys on the beach, con un lungo pedigree di provenienze dal 1957 al 2002 e di esposizioni. Questa è un’opera non del tutto finita, che Munch custodì gelosamente nel suo studio senza mai mostrarla e fu solo dopo la sua morte che la sorella Inge la autenticò vendendola a una collezionista . Le altre opere che non ti aspetti di trovare sono quelle di Éric Benetto (1972), proposte dalla galleria Christian Berst che lavora sull’ Art Brut. Benetto, medico ma anche praticante un suo monacesimo, interviene sulle radiografie (di mani, di crani, di bacini, di colonne vertebrali) componendo un collage di immagini che attingono sia al dato umano che al fantastico, introducendo in queste visioni all’interno dei corpi, simbologie mediate dalla cultura indiana. Anche Julian Schnabel, in un suo ciclo di opere, intervenne su delle radiografie, ma nel caso di Benetto, egli trasferisce sogni, allucinazioni, elementi decorativi quasi volesse con queste sue opere trasparenti , su lightbox, creare l’effetto delle grandi vetrate delle cattedrali.