Incisioni rupestri sul Cornon, diario dei pastori per più di quattro secoli

Sono 50 mila i graffiti rossi, realizzati con l'ocra di una cava locale, catalogati e studiati dai ricercatori del Museo degli Usi e Costumi della gente trentina. Il loro significato svelato in un libro dall'ultimo pastore-pittore, scomparso nel 2016

La montagna come una gigantesca tela d'arte per pastori erranti, pecorai e caprai. O, ancor più, come un immenso diario su cui, in oltre quattro secoli e mezzo, sono state immortalate informazioni personali preziose per ricostruire un'epoca silvo-pastorale conclusasi meno di 70 anni fa. Sono le iscrizioni rupestri del monte Cornon, in val di Fiemme. Graffiti rossi scolpiti nella dolomia e non consumati da sole o intemperie.

Esperta dei sentieri obbligati lungo i quali se ne possono ammirare alcune, l'etno-archeologa Marta Bazzanella: "Le scritte catalogate sono ormai quasi 50mila, presenti su 2.700 pareti". Il Museo degli usi e costumi della gente trentina indaga dal 2007 queste iscrizioni.

Per realizzarle, i pastori scioglievano dell'ocra, disponibile nella cosiddetta cava del bol, mescolandola con un po' di latte di pecora, urina o saliva. Per scrivere bastava un ramoscello masticato o battuto con un sasso. I pastori, di solito, restavano in quota da metà maggio a ottobre.

Quattro le comunità che fruivano dei fondi di pascolo: Ziano di Fiémme, Tésero, Panchià e Predazzo. La gran parte delle iscrizioni si trovano in prossimità di fonti d'acqua, dove i pastori andavano per dissetarsi. Riportano nomi, date, conteggi, disegni, preghiere. Anche qualche messaggio, lasciato dai pastori ai loro 'colleghi'.

Ben presto, al bisogno di passare del tempo o lasciare informazioni si sostituì uno scopo differente: farsi notare. Ecco allora perché molte pitture si trovano su rocce alte anche oltre dieci metri d'altezza: un modo per dimostrare la loro abilità di scrittura. Con espedienti ingegnosi, come ha raccontato ai ricercatori del Museo di San Michele all'Adige l'ultimo dei pastori-pittori, Ferruccio Delladio: i pastori attendevano l'inverno, quando ai piedi delle pareti si accumulava molta neve, poi risalivano agevolmente sul cono di neve e facevano le loro scritte.

La figlia di Ferruccio, Nicoletta, conserva ancora il pezzo di bol lasciatole dal padre. Scomparso nel 2016, Ferruccio ha svelato segreti e misteri delle iscrizioni rupestri, ma anche dell'allevamento della tingola, la razza ovina tipica di quest'area del Trentino. Memorie raccolte in un volume. 

Il nipote di Ferruccio, Andrea, l'ha seguito sul Cornon dai tre ai 15 anni. Non è riuscito a rinnovare la tradizione delle iscrizioni sulla roccia. Ma ha continuato l'attività con pecore e capre. Una passione che si tramanda di generazione in generazione.